La dislessia e i bambini bilingui

Il Dottor Franck Scola, medico esperto in mobilità internazionale, ha sviluppato un lavoro di informazione sul tema per gli educatori, i genitori, gli insegnanti e i tutori.

Contesto, diagnosi, cure logopediche e livello di scolarità

I bambini dislessici, nel caso siano anche plurilingui, necessitano di essere seguiti da genitori, insegnanti e tutori che abbiano una certa conoscenza in materia; così si possono evitare alcuni errori commessi frequentemente nel processo di diagnosi, nella rieducazione e negli accorgimenti da prendere nell’ambiente scolastico.

Infatti, i sintomi si manifestano in modo diverso nei bambini monolingui, bilingui simultanei, bilingui consecutivi precoci o molto precoci, o bilingui tardivi. Pertanto, la valutazione logopedica non può basarsi sullo standard francofono monolingue e le cure logopediche non possono essere le stesse per queste cinque categorie di locutori.

Cos’è la dislessia?

Il termine in questione dev’essere definito rigorosamente, poiché l’uso spesso improprio ha conseguenze nocive sulla qualità delle terapie in generale e nella scuola. La dislessia appartiene ai disturbi di linguaggio specifici, cioè primari e non secondari, originati da una malattia o da un trauma. Essi, per definizione, non sono mai correlati ad una causa anatomica, neurologica, psichiatrica o ad una condizione socio-ambientale.

I disturbi specifici del linguaggio sono definiti come un’alterazione duratura e significativa delle capacità di strutturare il linguaggio parlato e/o scritto, cioè la dislessia e la disfasia:

  • duratura è il contrario di transitoria (come può esserlo una caratteristica atipica dell’individuo che apprende una lingua straniera);
  • significativa esprime il fatto che non dev'essere legata che a una caratteristica personale, che si presenta nello sviluppo linguistico associato allo status bilingue.

In pratica, il termine "dislessia" è un termine destinato a scomparire, a causa del fatto che è impreciso (visti i progressi della ricerca nel settore specifico del linguaggio scritto). Dagli anni ’50 in poi, tutte le difficoltà nella lettura sono state raggruppate sotto l’etichetta di "dislessia" e altrettanto è stato fatto con la disortografia. Dagli anni ’80, il contributo della psicologia cognitiva e le scoperte delle neuroscienze hanno rimesso in discussione il valore di questo termine. Infatti, i risultati dei progressi scientifici in questi due settori hanno portato a distinguere due tipi diversi di dislessia: una prima categoria, che inizia e progredisce nell’età dello sviluppo e una seconda categoria, che è dovuta a una lesione cerebrale in fase infantile o adulta. Quindi, al posto di usare i termini "dislessia" e "disortografia", si parla al giorno d’oggi di "disturbi specifici di apprendimento del linguaggio scritto".

Quadro di riferimento e condizioni diagnostiche

Una possibile diagnosi può essere anticipata dalla constatazione -da parte degli insegnanti della scuola primaria- delle difficoltà del bambino nella lettura e nella scrittura. Nello specifico, tutto ciò è quantificabile gradatamente misurando vari parametri: la lentezza nella lettura e nella scrittura, oppure la difficoltà nello sforzarsi a lungo nelle due attività, il fatto di fare molti errori d’ortografia e/o d’avere una brutta grafia, una certa discrepanza tra performance scritta e orale e quindi una scarsa propensione a fare attività che richiedono molta lettura e/o scrittura. Nei bambini bilingui, tutto ciò sarà presente più nella lingua debole che in quella forte.

Questa diagnosi non può essere fatta nel periodo precedente all’età di circa 8 anni, quando nella maggior parte dei casi sono già state acquisite le prime abilità nella scrittura. Questa categoria di disturbi consiste principalmente nel decodificare lentamente le informazioni (nel passaggio dallo scritto all’orale), nella minore memoria a breve termine, nella scarsa capacità ad organizzarsi autonomamente e nella difficoltà con i suoni della lingua. Il bambino ha dunque bisogno di un tempo maggiore perché deve sforzarsi di più. Sul piano psico-affettivo il bambino può risentirne, avendo minore autostima, una certa ansia per la paura di sbagliare, ed evitando quindi lo svolgimento dei compiti assegnati a scuola.

Influenza del bilinguismo sui sintomi della dislessia

Il bambino bilingue è tipicamente considerato in difficoltà, sia per lo sforzo dovuto all’assimilazione di due lingue sia per le difficoltà proprie del suo disturbo. Ne seguono un maggior affaticamento e una difficoltà nel reggere lo sforzo prolungato.

Tutto ciò, però, è utile nel descrivere un alunno allofono, oppure bilingue ma inserito in un ambiente scolastico monolingue, o ancora monolingue, ma impegnato ad apprendere una seconda lingua. Per quanto riguarda il bilinguismo simultaneo o consecutivo molto precoce, è noto il fatto che l’apprendimento delle due lingue è completamente naturale (non è necessaria alcuna traduzione intermedia). La conclusione è dunque differente da quella riportata sopra: nel caso il bambino sia dislessico, il bilinguismo non complica il suo problema.

Conseguenze della dislessia sull’apprendimento linguistico

Questa situazione riguarda solo i bambini bilingui consecutivi e tardivi, poiché quelli del tipo simultaneo o precoce non vivono una fase d’apprendimento di una seconda lingua. Il funzionamento linguistico di questi ultimi è basato su due lingue. Perciò essi presentano gli stessi sintomi nelle due lingue, come un bambino monolingue in una lingua sola.

Invece, nei bilingui consecutivi e tardivi succede che l’apprendimento della lettura e della scrittura in una lingua straniera è più lento e difficile rispetto alle stesse capacità in lingua madre (in caso di dislessia). Sono già stati testati vari metodi di aiuto: dare la priorità alla lingua orale, imparare alcuni testi a memoria, scrivere o pronunciare le parole una per una. E’ inoltre importante distinguere la lingua madre dalla seconda lingua soprattutto per le regole di grammatica e sintassi. Avere una lingua madre forte è molto importante (come appoggio appunto), sebbene questo sia un metodo di apprendimento esplicito, parzialmente in opposizione ai metodi di apprendimento classici nel caso del bilinguismo precoce. Poiché durante l’età di sviluppo del linguaggio scritto il periodo iniziale di apprendimento del linguaggio è ormai superato, il bambino dislessico (nei casi di bilinguismo simultaneo e precoce) non ha mai faticato nell'apprendimento linguistico. L’apprendere a leggere e a scrivere invece è una convenzione sociale, a differenza del linguaggio orale.

Il bambino dislessico nelle scuole bilingui

I bambini bilingui dislessici avrebbero più possibilità nel caso in cui fossero inseriti in una scuola monolingue? La valutazione caso per caso è come sempre opportuna, ma in generale, poiché nel caso della dislessia l’oralità non ne risente, alcuni adattamenti potrebbero far sì che questi alunni seguano il programma in due lingue. Inoltre, il passaggio guidato da L1 a L2 e viceversa è studiato apposta per aiutare i bambini in questione. Dunque, alcuni studiosi sostengono che la dimestichezza nell’uso di una seconda lingua favorisca la comprensione e l’uso della lingua madre.

Aggiungiamo un elemento pronostico valido anche per i bambini che hanno difficoltà nel linguaggio orale: sembra che più la lingua madre è forte e strutturata, meno severi siano i problemi dei bambini nella lingua scritta. Questa realtà statistica trova una giustificazione nel principio del periodo critico.

La decodificazione di alcuni sintomi, indici della dislessia in contesto multilingue da parte degli insegnanti e la diagnosi da parte dei logopedisti richiedono una conoscenza approfondita delle particolarità evolutive del bambino bilingue. E’ noto che, nel corso della carriera di questi specialisti l’aggiornamento è facoltativo e troppo generico, malgrado la diffusione del plurilinguismo precoce riguardi il 60% dei bambini al mondo. Ammetto, da parte mia, che le diagnosi erronee per bambini non dislessici ritenuti dislessici sono più frequenti delle diagnosi mancate. Poi, oltre l’aspetto diagnostico, è richiesta molta esperienza: i bisogni terapeutici devono essere adattati alle particolarità del singolo bambino (bilingue precoce).

Intervista di Yamine Boudemagh a Franck Scola, originariamente pubblicato su Enfance Bilingue. Traduzione di Giacomo Minute.